Odino e le Rune
La mitologia ci racconta che le Rune, lettere magiche di un antico alfabeto, sono giunte all’uomo per mano del dio Odino. Egli era la divinità principale del pantheon dei popoli del nord, i quali lo consideravano come il capo degli Asi, un gruppo di divinità che vivevano nel misterioso e splendente regno di Asgard, collegato alla Terra dal ponte-arcobaleno Bifrost.
Dio della guerra, della poesia, della magia e anche padre del famoso dio Thor, viene raffigurato sia come guerriero che come vecchio viandante. In quest’ultima veste, è rappresentato con un solo occhio, avendo ceduto l’altro al gigante Mimir in cambio della conoscenza. Così, Odino divenne il più sapiente degli dei. Questo sacrificio che può apparire insolito per un dio di così grande potenza, non è il solo compiuto da Odino. Egli, infatti, sacrificò se stesso per evocare le Rune, appendendosi (o meglio infilzandosi) all’albero Yggdrasill, il grande albero che regge i nove mondi. La scena è descritta nell’ Hávamál, il «Discorso di Hár», composizione poetica facente parte della Ljóða Edda, o «Edda poetica». Qui Odino, chiamato Har, «alto» o «eccelso» parla in prima persona per raccontare il suo sacrificio:
Lo so io, fui appeso
al tronco sferzato dal vento
per nove intere notti,
ferito di lancia
e consegnato a Odinn,
io stesso a me stesso,
su quell’albero
che nessuno sa
dove dalle radici s’innalzi.
Con pane non mi saziarono
né con corni [mi dissetarono].
Guardai in basso,
feci salire le Rune,
chiamandole lo feci,
e caddi di là.
Nel simbolismo dei miti nordici, l’Yggdrasill ha un immenso significato. È la struttura portante che regge l’intero universo. Un albero, perciò, di proporzioni inimmaginabili, che secondo alcuni è un frassino, secondo altri una quercia o un tasso.
Su di esso si appende il grande dio Odino, infilzando se stesso con una lancia, e vi rimane per nove notti (secondo alcune versioni del mito questo numero cambia). L’immane sacrificio viene compiuto dal dio per poter ottenere una conoscenza superiore. Bisogna notare che in molti miti è presente il concetto del sacrificio per ottenere in cambio qualcosa. Si pensi, ad esempio, al titano Prometeo che ruba il fuoco agli dei per donarlo agli uomini, sacrificandosi e subendo una tragica fine. Troviamo poi ripetutamente, nei racconti mitologici di ogni latitudine, l”eroe o l’eroina che sacrifica se stesso/se stessa per il bene comune.
Odino nei racconti nordici compie il sacrificio di infilzarsi al tronco dell’Yggdrasill per poter offrire una nuova conoscenza agli esseri umani: il sapere delle Rune. Esso è considerato così importante dal dio che è disposto al supplizio pur di ottenerlo.
Egli è, quindi, un dio profondamente connesso al concetto di conoscenza. Si racconta perfino che avesse tagliato la testa al gigante Mimir per poterla conservare e interrogare a proprio piacimento, ottenendo informazioni sul futuro. È un iniziatore ai segreti dell’universo. Ma nella storia delle Rune c’è un aspetto notevole su cui riflettere: Odino non si sacrifica per ottenere qualcosa per sé, ma stavolta lo fa per fare un prezioso dono agli uomini.
Le Rune sono il dono del più saggio degli dei a tutta l’umanità, per questo racchiudono in sé la radice di ogni sapere e permettono all’uomo che le interroga di conoscere, innanzitutto, la cosa più importante: se stesso.
Come ammoniva l’antichissimo oracolo di Delfi:
Conosci te stesso
Tutto il resto viene dopo…
Per approfondire si rimanda a:
https://bifrost.it/GERMANI/Fonti/Eddapoetica-2.Havamal.html
La foto in alto mostra Odino nelle spoglie di viandante, così come rappresentato da Georg Von Rosen in un’edizione dell’Edda del 1886.