
Spirito, Anima e Respiro: L’intreccio che ci Rende Vivi
Il termine spirito, derivato dal latino spiritus, significa letteralmente respiro. Ma non si limita al semplice atto di respirare. Spirito indica il soffio vitale che anima l’essere umano, la scintilla che ci dà vita. Quando qualcuno muore, si dice che lo spirito lascia il corpo, richiamando alla mente l’immagine di qualcosa che si sposta, se ne va, lasciando a terra un corpo inerte.
La connessione tra respiro e forza vitale è presente anche nel greco πνεῦμα (pneuma), che indica sia il respiro e l’aria che lo spirito che dà vita al corpo. In entrambe le lingue, il respiro diventa metafora di qualcosa di più profondo, di un’essenza che ci rende vivi.
I termini legati allo spirito ci parlano sia di qualcosa di concreto, come l’aria che respiriamo, che di una forza invisibile eppure molto potente, capace di mantenerci in vita. Troviamo concetti analoghi anche nel termine ebraico ruah, che significa sia respiro, vento che anima. Anche un altro termine greco ci rimanda ai concetti di anima e spirito ed è ψυχή (psyche), dal quale derivano parole come psicologia e psichiatria.
L’Antico Testamento narra che Dio plasmò l’uomo dalla polvere del suolo e alitò in esso la vita. Nel mito greco, l’uomo fu creato dal fango dal dio Prometeo, poi la dea Atena soffiò in esso la vita. Nella mitologia sumera, gli dei dopo aver formato l’uomo, gli soffiano nell’argilla per donare l’alito vitale agli esseri umani, rendendoli vivi e consapevoli.
Nella mitologia norrena, Odino, padre degli dei, dà il proprio respiro al primo uomo e alla prima donna. Infatti, nell’affascinante racconto che le antiche fonti ci danno riguardo alla creazione del mondo, vi è una parte sorprendente: Odino e i suoi fratelli trovano un frassino ed un olmo, privi di vita, e decidono di trasformarli nel primo uomo e nella prima donna della stirpe umana. Per rendere umani i due alberi, i fratelli di Odino gli donano l’Anima ed il calore vitale, mentre egli dà, appunto, il respiro.
Non possedevano respiro
né avevano anima,
non calore vitale, non gesti
né colorito.
Il respiro dette Óðinn,
l’anima dette Hǿnir,
il calore vitale dette Lóðurr
e il colorito.(Vǫluspá, «Profezia della Veggente »)*
In questi racconti il filo conduttore è il respiro, che non compare solo come simbolo di vita, ma anche come strumento per entrare in contatto con il divino. Infatti, in molte culture, dall’Oriente all’Occidente, per favorire l’esperienza diretta del divino, sono utilizzati esercizi di respirazione.
Gli esercizi basati sul controllo del respiro favoriscono il rilassamento e ci permettono di immergerci con più intensità nel momento presente, aprendo le porte a un livello di consapevolezza più profondo. L’attenzione sul respiro ci aiuta a distaccarci dai pensieri e dalle emozioni, a calmare la mente e a entrare in contatto con il nostro sé più autentico. E in questo stato di quiete e di presenza, possiamo sperimentare una connessione più profonda con il divino, con l’energia universale che ci circonda.
Tutto ciò accende l’intuizione profonda che la vita non sia solo materia, ma qualcosa di immateriale, di spirituale, che ci anima e ci rende unici. Una forza che va oltre ciò che riusciamo a percepire con i cinque sensi e di cui ancora non riusciamo a cogliere appieno il significato profondo.
*Vǫluspá, «Profezia della Veggente », come riportata su bifrost.it